Perchè 3.1? Semplice: il picio campione (io) non ha salvato il vecchio messaggio, si è formattato il floppy e mò se lo riscrive! Allora, coppia potenza e calcoli.
ULTIMO AVVISO per chi è stato morsicato da piccolo da un'addizione: devo usare formulame vario e parto dal presupposto che si conosca la Fisica elementare. Non mandatemi a ca..re.
I simboli matematici che uso sono: + - /(per il diviso) * (per) ^ (elevato a)
Partiamo dal concetto che un motore a combustione eroga potenza perchè il suo funzionamento è paragonabile ad una macchina di Carnot in cui ad una compressione isoterma segue una espansione adiabatica.
Due precisazioni: il calore viene fornito dalla trasformazione chimica esotermica della carica e il ciclo teorico è molto distante dal ciclo reale perchè siamo in presenza di gas molto lontani dalla condizione di gas ideale di Boyle - Mariotte.
Per cui si procede al calcolo in via sperimentale, perchè in via teorica l'equazione da risolvere è estremamente complessa ( per gli estimatori, è una integro differenziale del terzo ordine con termini additivi). In via sperimentale, allora.
Partiamo da alcune considerazioni.
Per prima cosa, non tutta la potenza sviluppata all'interno del cilindro viene trasmessa all'albero. Parte di essa viene assorbita dalle resistenze passive.
Quindi avremo che la potenza indicata Ni sarà uguale alla potenza assorbita Np + la potenza effettiva all'albero Ne.
Ni può essere calcolata partendo dal ciclo indicato, il cui integrale rappresenta il lavoro compiuto dal gas nel cilindro in un ciclo.
La potenza effettiva può essere ricavata sperimentalmente misurando con un freno il lavoro reso all'albero motore.
La potenza passiva può essere misurata facendo girare il motore senza accensione e misurando quanto lavoro compie il motore che lo trascina.
Incominciamo? Viaaaaa!
La potenza indicata Ni può essere calcolata partendo dalla pressione media indicata p.m.i. che è l'ordinata media del ciclo indicato, pari al rapporto tra l'area del ciclo (che si misura misurando la pressione con un trasduttore piezometrico) e la cilindrata.
Tradotto in calcolo della spesa, è il valore della pressione che moltiplicata la cilindrata dà lo stesso valore del lavoro utile.
Cioè, indicando con pi la p.m.i., con D l'alesaggio, con C la corsa, il valore della forza che agisce sul pistone è:
pigreco/4 * D^2 * pi
il lavoro compiuto da questa forza sarà quindi:
Li = pigreco/4 * D^2 * pi * C
Ma il volume del cilindro è pigreco/4 * D^2 * C e quindi potremo scrivere che
Li = Vp * pi
Per calcolare la potenza indicata, basterà moltiplicare il lavoro compiuto durante una corsa per il numero di corse utili compiute nell'unità di tempo.
Nel motore a 4 tempi, abbiamo una corsa utile ogni due giri, per cui, detto n il numero di giri al minuto ed i il numero di cilindri (per cui la cilindrata totale V = Vp * i), la potenza indicata in CV sarà:
Ni = V/2 * pi * n/60 * 1/75
dove le lunghezze sono espresse in metri e le forze in kg. (lo so, lo so: sono obsoleto, ma mi piace ragionare ancora in kg e Cv anzichè in Newton e Kw).
Esprimendo la cilindrata in litri e le pressioni in kg / cm^2 (e non in pascal che è come misurare i volumi in scorreggesimi di zanzara), avremo:
Ni = 1/2 * V/1000 * pi * 10000 * n/60 * 1/75 = V * pi * n/900
cioè la potenza indicata è data dalla cilindrata totale moltiplicata la pressione media indicata moltiplicato il numero di giri al minuto diviso 900.
Per il due tempi, cambia solo il fattore numerico che diventa 450.
Ma abbiamo visto che la potenza indicata è la somma della potenza resa + la potenza assorbita. E a noi interessa la potenza resa, detta anche potenza al freno, perchè è misurata calcolando quanta potenza deve dissipare un freno che si opponga alla coppia motrice.
Si può ipotizzare di calettare una ruota di raggio r all'albero motore e far agire su di essa un freno caricato con un braccio di lunghezza R con un peso F all'estremità.
Quando l'albero motore gira, l'attrito tra la ruota ed il freno genera un momento che tende a far ruotare il braccio e che viene equilibrato dal peso.
Un punto qualsiasi sulla periferia della ruota compie un percorso che ad ogni giro sarà:
2*pigreco * r * f
Ma il prodotto r * f è equilibrato dal freno applicato all'albero motore R
* F. Quindi, il lavoro assorbito sarà:
2 * pigreco * R * F
e la potenza effettiva:
Ne = 2 * pigreco * R * F * n (ricordate? giri motore)
Esprimendo n in giri / min, F in Kg e R in metri, la potenza effettiva in Cv è data da:
Ne = 2 * pigreco * R * F/75 * n/60 = 2 * pigreco/4500 * R * F * n
Se scegliamo la lunghezza del braccio R in modo furbo il valore R * 2 * pigreco/4500 sarà un numero intero.
Allora, per tradurre in linguaggio corrente, la coppia motore è il prodotto R * F, viene espressa in kgrammetri e rappresenta il momento torcente dell'albero motore.
Rappresenta la capacità di un motore di produrre lavoro, mentre la potenza è la misura della quantità di lavoro prodotta nell'unità di tempo.
La potenza assorbita, è la differenza tra la potenza indicata e la potenza effettiva:
Np = Ni - Ne
Tralasciando il calcolo che ricorda quello della potenza indicata, solo che stavolta è il motore a frenare, avremo che il rendimento organico di un motore detto anche eta (la lettera greca) è:
eta = Ne/Ni
che è un indice della bontà di progetto del motore.
Possiamo concludere dicendo che la p.m.i. è la somma di due pressioni medie ipotetiche, cioè la p.m.p. (passiva) e la p.m.e. (effettiva). Quella che interessa è la p.m.e. che deriva dalla Ne mediante la formula:
Ne = V * pe * n/(225*h) (dove h è il numero di fasi utili per giro)
Spero di essere stato chiaro, comunque, chiedete e vi sarà risposto (lunedì prox perchè domani parto per Motolandia con le piume)
WARNING: se vi ha morso un'addizione da piccoli oppure non vi piacciono le formule, saltatele pure e leggetevi la spiegazione a parole.
Gundalf si chiedeva come mai un HD 1340 ha 55 cv e un 600 cc come il missile di Ulyx ne ha 110.
Vediamo come fare a spiegare la cosa, prendendola magari alla lontana. In un motore ci sono tre categorie di potenza: la potenza indicata che chiameremo Ni, la potenza passiva assorbita dalle resistenze passive Np, e la potenza effettiva all'albero Ne.
La potenza indicata Ni può essere calcolata secondo il ciclo di Carnot che descrive la dinamica dei gas. Il primo principio della termodinamica, ci potrebbe permattere di calcolarla analiticamente mediante la soluzione banale di un integrale definito tra il P.M.I. ed il P.M.S. nel quale però entra un parametro di errore dovuto al fatto che bisogna ipotizzare di bruciare un combustibile composto dal solo nonano.
Si può ovviare risalendo attraverso la p.m.i. (pressione media indicata) che viene ricavata in maniera indiretta.
La p.m.i. rappresenta il valore della pressione che moltiplicato per la cilindrata dà lo stesso valore del lavoro indicato dal ciclo.
La potenza indicata sarà quindi: la potenza sviluppata dal fluido in espansione nel cilindro.
Indicando con pi la p.m.i. con D l'alesaggio del pistone e con C la corsa, il valore della forza totale agente sul pistone è:
((pigreco * D^2)/4)*pi
ed il lavoro compiuto risulta (lavoro = forza * spostamento):
Li = ((pigreco*D^2)/4)*pi*C
Però, l'espressione ((pigreco*D^2)/4)*C è la cilindrata Vp, e quindi potremo scrivere:
Li = Vp*pi
Quindi, la potenza indicata sarà uguale al lavoro compiuto durante un'espansione per il numero delle corse utili nell'unità di tempo.
In un motore a 4 tempi abbiamo una fase utile ogni 2 giri per cui se n è il numero di giri al minuto ed i è il numero dei cilindri,la cilindrata sarà:
V = Vp*i
e la potenza indicata Ni espressa in Cv sarà:
Ni = ((V*pi)/2)*(n/60)*(1/75)
dove le lunghezze sono espresse in metri e le forze in kg.
Riducendo la cilindrata in litri e le pressioni in kg/cm^2, avremo:
Ni = (1/2)*(v/1000)*pi*10000*(n/60)*(1/75) = (V*pi*n)/900
Nel motore a 2 tempi, ricordando che abbiamo una fase utile ogni giro, la formula sarà:
Ni = (V*pi*n)/450
Più in generale, potremo scrivere che la potenza indicata è:
Ni = (V*pi*n)/225*h
dove h è il numero dei tempi del ciclo.
Se qualcuno è ancora rimasto, vediamo di tradurla in soldoni.
La potenza indicata è la cilindrata moltiplicata la pressione indicata moltiplicata per il numero di giri al minuto, il tutto diviso per il fattore di conversione 225 moltiplicato i tempi.
Ciò che interessa di più è però sapere la potenza resa all'albero motore.
Questa si misura sperimentalmente in via diretta, con un dispositivo frenante che, applicato all'albero motore, si oppone alla coppia motrice e permette di misurarla.
Per esempio, misurando l'assorbimento in corrente di un motore elettrico che applica una coppia in senso opposto.
Per calcolarla e renderci conto delle grandezze associate, immaginiamo di far frenare una ruota rotante tra le ganasce di un freno che vengono chiuse da un braccio di lunghezza R caricato con un peso F.
L'attrito tra il freno e la ruota genera un momento che viene equilibrato dal peso F.
Ad ogni giro dell'albero motore, un punto qualsiasi situato sulla circonferenza compie un percorso pari a 2*pigreco*r ed il lavoro della forza tangente f è dato dal prodotto:
2*pigreco*r*f
Ma il prodotto r*f è il momento applicato al freno dell'albero motore equilibrato dal momento R*F prodotto dal peso posto all'estremità del braccio.
Sostituendo, avremo che il lavoro assorbito La è:
La = 2*pigreco*R*F
e, ricordando le formule che legano lavoro a potenza,
Ne = 2*pigreco*R*F*n
Il prodotto F*R è anche indicato come coppia del motore e quindi, se indichiamo n in giri al minuto, F in chilogrammi e R in metri, la potenza effettiva (all'albero) in Cv, sarà:
Ne = (2*pigreco*R*F*n)/75*60 = (2*pigreco/4500)
*R*F*n
La lunghezza dell'albero R viene di solito scelta in modo che il suo prodotto per la costante 2*pigreco/4500 sia un numero intero.
Il prodotto R*F viene chiamato coppia del motore.
Quindi, tradotto in soldoni, la potenza si ottiene moltiplicando la coppia per il numero dei giri e per una costante.
Ecco perchè la HD 1340 eroga 55 cv a 6500 giri e la GSX SRAD 600 ne eroga 110 a 12000.
Per concludere il discorso, la potenza passiva si ottiene con un semplice calcolo come per la potenza effettiva, misurando la potenza che occorre dare al motore elettrico che trascina il motore a scoppio senza accensione e senza combustibile.
L'ultima nozione è quella riguardante la pressione media effettiva.
Attraverso la misura della coppia passiva, si risale ad una pressione media passiva fittizia pp.
La pressione media effettiva p.m.e., sarà quindi data dalla relazione:
pe = pi - pp
Ed infine, ma poi basta, per convenzione si scelgono le grandezze in gioco in modo che siano vlide le relazioni:
Cavalli all'albero = Coppia motrice * giri al minuto / 716,2
Spero che il tutto vi sia piaciuto.
Se no, pietre e sassate via E-Mail.
Se qualcosa non è chiaro, chiedete pure. Se lo so rispondo.
Mi attacco quà ma la risposta vale un pò in generale.
Allora bici e quadri: vi risparmio il solito mezzo chilo di formule, ma la teoria (e la pratica) dicono che a parità di cilindrata, se raddoppio il numero di cilindri, aumento la potenza di un quarto. Ecco la ragione del rapporto 1000 / 750 nelle SBK, e 750 / 600 nelle SS fortemente voluto da Taglioni e accettato dai giapponesi.
Il fatto che il 916 poi vinca a man bassa, è dovuto alla sezione frontale minore (la resistenza aerodinamica cresce col quadrato della velocità), alla ciclistica ed al più favorevole momento d'inerzia polare (piega e si raddrizza con meno sforzo e quindi è più maneggevole). Il 748 un pò meno, perchè secondo me è meno curato.
Insomma, Taglioni è un genio, i giapponesi un pò più salami.... ;=))))))))))
Il desmo... La distribuzione desmo è stata usata da Taglioni nel 1956 per aumentare il regime delle marianne senza far sfarfallare le molle valvola (allora i materiali erano quel che erano).
Il padre e l'ostetrico (Taglioni e Mazza) della distribuzione, mi confidarono separatamente che erano riusciti a vedere 22 cv col mono e 25 col bicilindrico in un'epoca in cui le MV bialbero arrivavano a mala pena a 18 cv (erano motori raffreddati ad aria, ricordo che all'epoca il Norton Manx 500 mono arrivava a 43 cv e che per il quattro cilindri Gilera si ipotizzavano 55 - 60 cv!).
Oggi, dalle prove fatte con Pignone al CRF, risulta che a confronto con la distribuzione tradizionale, il vantaggio del desmo lo si trova ai medi. Si può far seguire alle valvole una legge di apertura e chiusura ben più spinta di quella con molla e, soprattutto, la distribuzione mangia meno potenza.
Non c'entra la potenza assorbita dalle molle, perchè queste la restituiscono poi all'albero a camme (conservazione dell'energia, a meno di perdite per attrito).
Quello che mangia potenza è l'inerzia delle masse, che diventa rilevante agli alti regimi (sopra i 7 - 8000 rpm) e qui il desmo comincia a perdere competitività.
Oggi ha ragione di esistere solo per motivi di immagine.
A costo di farmi prendere a sassate dai ducatisti per l'analogia, vi invito a fare un confronto: quante Harley non custom raffreddate ad acqua senza il classico Vloom Vloom di aspirazione venderebbero?
Mica scemo che fabbrica Ducati: il desmo è un marchio di fabbrica. Tutti sanno che gli orologi a quarzo sono più precisi: però si continuano a vendere i Rolex a prezzi pazzeschi col movimento a bilanciere!
Allora (lo so che non si incomincia una lettera così, ma sono ignorante!) usiamo un pò di formulame per dissipare i dubbi.
Perdite per attrito: l'attrito è un fenomeno che dissipa energia (non potenza, quindi non dipende dal tempo) sotto forma di calore. La dissipazione di energia è causata dalle micro saldature che si verificano tra due corpi che si muovono di moto reciproco, se non è lubrificato; se è lubrificato invece la perdita è dovuta all'energia che occorre per far accelerare di moto circolare le molecole di olio.
Nel caso del movimento della moto, possiamo considerare come perdite per attrito anche il continuo schiacciamento dei pneumatici e delle sfere dei cuscinetti.
Questo dipende dalla massa, in quanto la formula che quantifica il coefficiente d'attrito (vedi Static and Slidin Coefficients of Friction del Mark's Handbook pag. 219 eseguenti) è F= fN dove F è la forza applicata, f è il coefficiente d'attrito ed f è la resistenza al movimento.
f è quindi il coefficiente d'attrito che dipende solo dalla forza impiegata per velocità basse (fino a 500 km/h è bassa, spiacente per Jhonny e mototopo).
La massa entra per una frazione piccola del totale e, inoltre, il coefficiente d'attrito di rotolamento è dell'ordine della parte per mille. Per cui la differenza tra i 270 chili dell'animalo + animala e i 230 di Catja + CBR per quanto riguarda l'attrito è solo di 0,002.
Si potrebbe tradurre come un maggior assorbimento di 0,3 cv su 150 che io sconto su Catja solo in accelerazione perchè, come potete vedere dalla formula, l'attrito è indipendente dalla velocità.
Ed anche così è irrilevante rispetto al calcolo dell'energia cinetica che devo spendere per accelerare, dove la massa entra per 0,5 anzichè per 0,001.
Ben diverso è il discorso della resistenza aerodinamica.
Qui, e cito la formula riportata da Pignone in Motori ad Alta Potenza Specifica, il discorso suona come:
R=S*Cx*1/2*rho*V^2.
Ovvero: Resistenza = Superficie frontale * Coefficiente di forma frontale (per una moto carenata circa 0,6) * metà della (rho)densità dell'aria * Velocità al quadrato.
E questa è il vero freno che ad un certo punto equilibra la potenza del motore.
Per velocità basse (di nuovo i famosi 500 km /h) l'unico motivo per cui la moto smette di accelerare, nonostante le si fornisca potenza, è il fatto che la resistenza aerodinamica si mangia tutto.
Perchè, cosa che il giornalista di Motoqualcosa che non ricordo ha trascurato, la potenza impiegata non va più ad accelerare il mezzo, ma ad accelerare le molecole d'aria.
Al limite, nel vuoto, si continuerebbe ad accelerare all'infinito, avendo la possibilità di aumentare i rapporti all'infinito.
E dico infinito, perche' anche se a velocità prossime a quella della luce la massa incomincia ad aumentare (Einstein), l'accelerazione c'è sempre e decresce asintoticamente tendendo a zero.
Penso di aver dissipato un pò di dubbi, se no, scrivete.
> Ma veniamo al punto: non riesco a capire come si effettua
> la rilevazione sperimentale delle curve caratteristiche
> dei motori (in particolare, coppia/giri).
La procedura è molto semplice. Si installa il motore in una cella prova motori attrezzata di ventilazione, aspirazione fumi, refrigerazione per l'acqua del radiatore, tubazioni benzina, ecc.
Poi si collega il motore ad un freno dinamometrico che mantiene il motore a giri costanti regolabili con una coppia di contrasto. (ovvero un motore elettrico od un freno del quale si può quantizzare la coppia resistente). A questo punto, basta avviare il motore, fissare il freno a 3000 giri, per esempio, ed accelerare al massimo.
Si misura la coppia necessaria a mantenere il motore a giri costanti, e si ripete la misura per tutto l'arco di utilizzo del motore, curando che le temperature siano quelle di esercizio e compensando il dato rilevato con gli opportuni parametri per ricondurre la prova ad aria a 20 gradi centigradi e pressione di 1028 mbar.
Una volta conosciuti i punti sperimentali, basta interpolarli con una curva ed hai ottenuto la curva caratteristica coppia / giri per quel motore. A questo punto, ricordando che il cavallo è 75 kg X metro / secondo e che la coppia viene espressa in kg X metro, si ottiene la curva caratteristica di potenza.
Posso anche aggiungere, a completamento dell'informazione, che per valutare la "bontà" di progetto del motore, si fa la mappatura delle prestazioni del motore anche a gas parzializzato.
E lo si confronta con il consumo di benzina.
Ovviamente, il massimo di rendimento si ha a gas tutto aperto. Il progetto è buono quanto meno decadono le prestazioni in termini di consumo / coppia, tanto più è buono il progetto.