Nella Svizzera primitiva (by A.Margnetti)

Vi sono tanti modi per andare in moto. Con Luca si va a "illuminazioni". L'incanto di un nome, Pragelnpass, diventa tarlo,

chiodo fisso, progetto.

Luca e Giò sono puntuali: alle 8.15 sono davanti a casa mia. Giacomo, un po' assonnato si infila guanti e casco, sale dietro e siamo

pronti. Bellinzona, la domenica mattina è deserta. L'attraversiamo velocemente rallentando un poco davanti ai semafori "intelligenti" che reagiscono con calma al nostro passaggio. Raggiungiamo Biasca e poi Giornico dove rallentiamo per inoltrarci piano fra le sue strette strade e arrivare davanti a Casa Stanga, una vecchia locanda ora trasformata in museo che reca sulle sue facciate i nomi e gli stemmi gentilizi degli ospiti illustri vi alloggiarono nei secoli passati.

Superiamo rapidamente le cole della Biaschina, del Piottino e dello Stalvedro, le tre strettoie che chiudono la valle del Ticino e che costrinsero gli ingegneri della Gotthardbahn a inventare le gallerie elicoidali.

Ad Airolo sostiamo un momento davanti al monumento dedicato alle vittime del Gottardo, opera dello scultore Vincenzo Vela situata nella piazza antistante la Stazione. Solo un attimo: il tempo per coprirci meglio prima di salire verso il Passo del San Gottardo.

Percorriamo la vecchia strada della Tremola. L'acciottolato, qua e là sconnesso, non sempre si accorda con il profilo dei nostri Skorpion.

Saliamo comunque senza danni, tornante dopo tornante fino al Passo.

Una marmotta si defila al passaggio della TA di Luca, io non riesco a vederla. Sul passo non ci fermiamo, proseguiamo lungo la strada che precipita in territorio urano, passiamo le gole della Schöllenen che per secoli e secoli hanno rappresentato un problema per i viandanti del nord e del sud, scendiamo a Göschenen, Wassen, Gurtnellen, Erstfeld, Altdorf. Siamo entrati nelle Svizzera primitiva, quella della mitologia legata a Guglielmo Tell che appare a ogni angolo. Qua gli alberghi si chiamano Tell o Adler o Weisses Kreutz (Tell, aquila, croce bianca). Lo spirito di questo eroe nazionale, storicamente male accertato e reso celebre dalla penna romantica di Goethe e dalla musica di Gioacchino Rossini, sembra ancora aleggiare fra queste vallate, ricordato dalle trombe tritonali delle corriere, che a ogni curva suonano un avvertimento su una sequenza tratta proprio dall'opera rossiniana.

Attacchiamo il Klausenpass il colle che unisce due vallate: una valle laterale del Reno anteriore che si dirama verso Est e una vallata che costituisce buona parte del canton Glarus (Glarona per i ticinesi, poco adusi alle parlate nordalpine).

La strada sale rapidamente di quota. Molti tornanti sono segnati da tracce di gasolio traditore e costringono all'attenzione l'eterogenea carovana di motociclisti che salgono verso il passo. In alto la strada e sospesa su un precipizio di erba magra e rocce calcaree che strapiomba per qualche centinaio di metri i tubi zincati che fungono da protezione sarebbero facilmente divelti dall'automobile dello sventurato che si trovasse a sbandare in quel punto. Un motociclista vi passerebbe semplicemente sotto con ben scarse possibilità di sopravvivenza. Su queste balze impervie pascolano miti pecore e agnelli che certamente dispongono di geni particolari, forse discendono dai camosci o dagli stambecchi, forse sono capre travestite. Scolliniamo senza altri indugi e scendiamo con qualche tornante verso la piana di Urnerboden. Un vasto terreno incassato fra ripidissime pareti che ricordano vagamente le Dolomiti (ma qui si tratta di calcare) che pur trovandosi sul versante di Glarus appartiene al cantone di Uri. Una leggenda, come ce ne sono tante simili, spiega il fatto, frutto di un imbroglio urano ai danni dei glaronesi.

È mezzogiorno. Ci fermiamo accanto a un torrente per un rapido picnic. Attorno a noi famigliole godono la giornata estiva, bimbi probabilmente foderati d'amianto fanno il bagno nel torrente. L'acqua non sembra particolarmente calda.

Ripartiamo e scendiamo ulteriormente attraversando un bosco fitto e scuro. I paesi si sgranano uno dopo l'altro come misteri dolorosi.

Tutti hanno la desinenza "tal" che in tedesco vuol dire "valle".

Raggiungiamo Glarona e il bivio per il misterioso Pragelnpass. Un cartello, rigorosamente in tedesco, annuncia che la strada del passo è vietata alle automobili e alle moto durante il sabato e la domenica. Il divieto è giustificato dalla quantità di ciclisti che si cimentano su questa lunga e ripida salita e che si precipitano a rotta di collo dall'altra parte. Facciamo gli gnorri e prestando attenzione ai velocipedi proseguiamo. Giacomo scorge tre caprioli in fuga in un prato sottostante, riesco appena a vederli. Costeggiamo il Klontaler See, un lago alpino di discrete dimensioni. È curioso vedere un lago incassato fra le montagne percorso da barche e wind surf. Ma il traffico di natanti qui fra queste cime è davvero notevole. Il passo viene raggiunto abbastanza in fretta. La strada è stretta, ma l'asfalto è buono. Qui il traffico si è diradato. A parte i molti ciclisti, incontriamo un paio di motociclisti e qualche automobile. Cattivi svizzeri, poco rispettosi delle norme. In cima, fra pascoli e pareti a strapiombo troviamo una decina di automobili e le moto di un gruppo ginevrino. 

La strada sul versante svittese è ripida e stretta, la percorriamo con cautela perché di là salgono parecchie automobili e non sempre l'incrocio è agevole. Raggiungiamo Muothatal. Luca da un po' è in riserva e così ci si ferma per dar biada ai cavalli. Luca fa il pieno alla sua motina, io metto dieci franchi nell'automatico senza prima riagganciare il tubo della pompa. La macchina maledetta si mangia il mio deca senza nemmeno ringraziare e senza elargire una goccia di benza.

Amen, dispongo ancora di una sessantina di km, cercherò più avanti un distributore che accetti la mia carta di credito. Raggiungiamo Schwitz (Svitto) e un distributore che fa al caso mio.

Ripartiamo costeggiando il Vierwaldstettensee (il lago dei quattro cantoni), attraversiamo Brunnen raggiungiamo ancora una volta Altdorf passando sotto la grande statua di Guglielmo Tell e torniamo a inerpicarci lungo la valle del Gottardo. Ha appena piovuto, la strada è ancora bagnata. Motociclisti a centinaia salutano o ci rendono attenti alle pattuglie della polizia che sostano ai lati della strada. Raggiungiamo il Passo del S. Gottardo dove ci fermiamo per una bibita (a parte Giacomo che si spazzola un'enorme coppa di gelato). Il Passo è trafficato, molte le moto, gli scooter e le automobili fra cui spicca una vecchissima e splendida Rolls Royce con le due "R" ancora rosse.

La discesa non ha più storia. A Faido imbocchiamo l'autostrada e rapidamente torniamo verso casa. Io e Giacomo ci arriviamo alle cinque e un quarto dopo 350 km, Luca e Giò quaranta chilometri dopo.

Bel giro, bei posti, troppa gente. Grazie a tutti.

ale


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