di Marco Mirabile
Nel 1997 la Ducati ha deciso di introdurre, nell'ormai affollato mercato delle
Sport-Tourer, il suo primo modello turistico della storia. Questa moto si rivolge
ad un pubblico di appassionati del marchio che cercano un compromesso tra il
comfort e le super prestazioni promesse dalla tradizione del glorioso marchio
di Borgo Panigale.
Il motore, un inedito 944 cc monoalbero in testa raffreddato a liquido e iniezione
elettronica, non è un mostro quanto a potenza massima, ma sa essere molto
godibile su strada. In sostanza il motore è stato addolcito da quella
ruvidità che contraddistingue i motori Ducati ai regimi medio bassi appesantendo
il volano e giocando sul diagramma di distribuzione. In questo modo il motore
rimane comunque ruvido e poco sfruttabile sotto i 3.000 giri/min., cosa che
in città può creare qualche problema, ma nulla confronto il resto
della gamma in commercio nel '97. A questo bel motore viene accoppiato un classico
telaio Ducati in tubi tondi d'acciaio che deriva direttamente dalla 916. La
sospensione posteriore gode di un monoammortizzatore con leveraggio progressivo
contrapposto all'anteriore provvisto di forcella rovesciata da ben 43 mm, entrambi
regolabili in estensione, precarico e compressione. Il peso della moto non è
eccessivo per la categoria, e supera di poco i 200 kg.
Essendo una moto derivata da versioni ben più sportive, ne eredita pregi
e difetti. In città risulta maneggevole e abbastanza comoda, ma si soffre
per il motore che strappa ai bassi regimi, e per il calore che ne deriva, soprattutto
nel periodo estivo a velocità passo d'uomo in coda fra le auto (la ventola
entra in funzione a 105°C). La posizione di guida è sportiva ma non
troppo, i semimanubri non risultano essere esageratamente bassi così
come non risulta esasperata l'angolazione cui sono sottoposte le ginocchia.
Insomma, la posizione corretta per ripartire il peso del pilota su braccia,
fondoschiena e piedi.
I percorsi ideali per questa Sport-Turismo sono quelli dove non si scende mai
sotto i 50-60 km/h. E sulle curve la sua impeccabile ciclistica regala emozioni
da vera sportiva. Nei trasferimenti autostradali col cupolino di serie si è
ben riparati, ma per i più esigenti in termini di protettività
Ducati-Performance ha in catalogo cupolini più alti. Quanto alle vibrazioni,
vengono trasmesse solo sopra i 6.000 giri/min., avvertibili quindi a medie autostradali
elevate (dai 160 km/h in su) alla manopola del gas e alla pedalina destra. La
strumentazione è ben leggibile, completa e molto precisa. I comandi al
manubrio sono comodi e funzionali, anche coi guantoni invernali. Un occhio di
riguardo è stato dato al passeggero, che viene ospitato su una porzione
di sella ampia e che può appoggiare i piedi ad angolazioni delle ginocchia
"umane", godendo di un comodo maniglione come appiglio. Ducati ha
pensato così bene anche al passeggero che ha dedicato a questa moto una
serie di borse rigide della Nonfango in tinta con la carrozzeria. La moto comunque
si presenta stabile in ogni frangente, ma nello stesso tempo tanto maneggevole
da non restare impacciata nel misto stretto. Solo nei repentini cambi di direzione
a moto fortemente inclinata o nelle curve molto lente si avverte il peso della
moto e si sente la differenza col pieno di carburante e con la riserva.
Il motore su strada è molto piacevole, fluido e sfruttabile. I 75 cv
alla ruota sono una potenza ben gestibile su strada cosicché con un po'
d'esperienza si riesce a trovarne il limite (ma sono già tanti su strada).
Le sospensioni sono tarate sul duro, ma anche nei tratti sconnessi non fanno
battere troppo i denti (Ducati quanto a sospensioni ci ha abituati bene!). La
forcella non affonda in maniera evidente nemmeno nelle staccate da "cuore
in gola" e il posteriore svolge bene il suo compito, tanto che ci si dimentica
di lui. La frizione a secco, croce e delizia dei ducatisti, ha la leva di comando
dura, tanto che se non vi si è abituati porta ad affaticamento precoce
nella guida in città. Il comando alla leva resta comunque molto preciso.
Il cambio nell'uso turistico e in souplesse sembra duro e a volte fa incappare
in sfollate anche dove il folle non dovrebbe esistere. Ma con l'aumentare del
ritmo il gioco cambia e il cambio diventa morbido, preciso e silenzioso. L'impianto
frenante gode di due "padelle" in acciaio da 320 mm con pinze a 4
pistoncini all'anteriore che sono potenti e modulabili. Al posteriore il singolo
disco da 245 mm con pinza a 2 pistoncini svolge bene la sua funzione di stabilizzatore
d'assetto in frenata e rallenta bene, rendendo il bloccaggio della ruota un'azione
voluta dal pilota. Per quanto riguarda i consumi, tenuti in considerazione pesi
e prestazioni in gioco, risultano molto contenuti rispetto alla concorrenza.
In sostanza la moto sembra prediligere una condotta di guida sportiva da parte
del pilota e in questi frangenti risulta piacevolmente ben gestibile. Alle basse
andature, al contrario, il comportamento del motore mette in mostra una certa
ruvidità generale.